I Monaldeschi sono stati una famiglia molto potente che governò su molte terre dell’Alto Lazio in età Medievale. Di loro abbiamo molte testimonianze nei castelli e torri che hanno lasciato, come il Castello ad Onano, la Rocca a Bolsena, il Palazzo a Lubriano…
Famiglia che affonda le sue origini in Francia, dove avevano discreti possedimenti terrieri e castelli. Il nome della famiglia deriva dal capostipite Roderico Monaldo che prese questo cognome a causa del rastrello che portava come insegna sulle sue armi, difatti in lingua aramaica la parola “mona” significa appunto rastrello.
Nell’809 d.C. quattro fratelli di questa famiglia arrivarono in Italia al seguito delle truppe di Carlo Magno e due si stabilirono a Firenze dando vita alle famiglie Cavalcanti e Calvi, un terzo a Siena originando i Malevolti e l’ultimo ad Orvieto, città di origini etrusche a nord della Tuscia, originando per l’appunto i Monaldeschi. All’insediarsi di costui iniziarono feroci lotte tra Monaldeschi e Filippeschi per il predominio su Orvieto, tanto da essere citati nella Divina Commedia, in particolare nel canto VI del Purgatorio, di Dante Alighieri: “Vieni a veder Montecchi e Cappelletti, Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura, color già tristi, e questi con sospetti!“.
Il più famoso dei Monaldeschi fu Ermanno, che dal 1334 al 1337 fu Signore assoluto di Orvieto, dimostrando in quegli anni una grande capacità diplomatica, ma con una politica interna che non dava spazio alla libertà. Alla morte di quest’ultimo, la famiglia si divise in quattro rami: Monaldeschi della Cervara, Monaldeschi del Cane, Monaldeschi della Vipera e Monaldeschi dell’Aquila. Tutte queste famiglie portavano lo stemma comune dei Monaldeschi di colore azzurro con tre rastrelli trasversali d’oro ed in più la loro effige di ramo, che non erano altro che gli animali dei loro nomi. Ben visibile lo stemma dei Monaldeschi del Cane all’interno del castello di Montecalvello.
Dopo la guerra vinta contro i Filippeschi ghibellini, i Monaldeschi guelfi erano ormai padroni di tutto l’orvietano fino a Montalto di Castro, Orbetello e l’isola del Giglio, ma erano fortemente divisi tra loro per motivi di interesse economico. Nel giugno del 1351 i Monaldeschi della Cervara fecero catturare un poveraccio della Vipera e lo uccisero in maniera talmente brutale nei sotterranei del castello di Torre Alfina, che il suo corpo fu ridotto in pezzi così piccoli da farne cibo per i falconi; le stragi reciproche continuarono per tutto il secolo.
Frequenti erano anche le liti fra Acquapendente ed Orvieto, nel 1406 i primi presero Monte Rufeno e danneggiarono Trevinano. Nel 1442 Aluisi Monaldeschi della Cervara si vide portar via il proprio feudo di Torre Alfina dagli Sforza di Milano e dovette pagargli mille ducati d’oro per riaverlo. Nel 1527, anno del sacco di Roma, Camillo Monaldeschi dovette vedersela contro l’esercito di Carlo V, che devastò le zone di Proceno, San Lorenzo e Grotte di Castro, Acquapendente si salvò grazie a delle donazioni di vettovaglie ai soldati. Camillo Monaldeschi seppe però organizzare una buona resistenza grazie all’aiuto di un gruppo di uomini di Trevinano ben armati e così poté resistere all’assalto. La sorte di Onano fu ben diversa da quella di Torre Alfina, presa a forza, bruciata e saccheggiata fu anche oggetto di stragi, uccisioni, ruberie e crudeltà di ogni sorta. Nel 1592 Camillo Monaldeschi fu riconosciuto colpevole di aver dato asilo a briganti e ribelli, per questo Papa Clemente VIII confiscò tutti i suoi possedimenti in favore della Camera Apostolica. La decadenza della famiglia Monaldeschi della Cervara culminò intorno al XVI secolo con la cessione di Torre Alfina, poi di questa gloriosa famiglia dell’Alta Tuscia, che ha lasciato castelli, palazzi e rocche, non si seppe più nulla.